[ 001 ] Nobilissime giovani, a consolazion delle quali io a così lunga fatica messo mi sono, io mi credo, aiutantemi la divina grazia, sì come io avviso, per li vostri pietosi prieghi, non già per li miei meriti, quello compiutamente aver fornito che io nel principio della presente opera promisi di dover fare: per la qual cosa Idio primieramente, e appresso voi ringraziando, è da dare alla penna e alla man faticata riposo. [ 002 ] Il quale prima che io le conceda, brievemente ad alcune cosette, le quali forse alcuna di voi o altri potrebbe dire (con ciò sia cosa che a me paia esser certissimo queste non dovere avere spezial privilegio piú che l'altre cose, anzi non averlo mi ricorda nel principio della quarta giornata aver mostrato), quasi a tacite quistion mosse di rispondere intendo.
[ 003 ] Saranno per avventura alcune di voi che diranno che io abbia nello scriver queste novelle troppa licenzia usata, sí come fare alcuna volta dire alle donne e molte spesso ascoltare cose non assai convenienti né a dire né a ascoltare a oneste donne. La qual cosa io nego, per ciò che niuna sí disonesta n'è, che, con onesti vocaboli dicendola, si disdica a alcuno: il che qui mi pare assai convenevolmente bene aver fatto.
[ 004 ] Ma presuppognamo che cosí sia, ché non intendo di piatir con voi, che mi vincereste, dico, a rispondere perché io abbia ciò fatto, assai ragion vengon prontissime. Primieramente se alcuna cosa in alcuna n'è, la qualità delle novelle l'hanno richesta, le quali se con ragionevole occhio da intendente persona fian riguardate, assai aperto sarà conosciuto, se io quelle della lor forma trar non avessi voluto, altramenti raccontar non poterlo. [ 005 ] E se forse pure alcuna particella è in quelle, alcuna paroletta piú liberale che forse a spigolistra donna non si conviene, le quali piú le parole pesan che' fatti e piú d'apparer s'ingegnan che d'esser buone, dico che piú non si dee a me esser disdetto d'averle scritte, che generalmente si disdica agli uomini e alle donne di dir tutto dì 'foro' e 'caviglia' e 'mortaio' e 'pestello' e 'salciccia' e 'mortadello', e tutto pien di simiglianti cose. [ 006 ] Sanza che alla mia penna non dee essere meno d'autorità conceduta che sia al pennello del dipintore, il quale senza alcuna riprensione, o almen giusta, lasciamo stare che egli faccia a san Michele ferire il serpente con la spada o con la lancia, e a san Giorgio il dragone dove gli piace; ma egli fa Cristo maschio ed Eva femina, e a Lui medesimo che volle per la salute della umana generazione sopra la croce morire, quando con un chiovo e quando con due i piè gli conficca in quella.
[ 007 ] Appresso assai ben si può cognoscere queste cose non nella chiesa, delle cui cose e con animi e con vocaboli onestissimi si convien dire, quantunque nelle sue istorie d'altramenti fatte, che le scritte da me, si truovino assai; né ancora nelle scuole de' filosofanti, dove l'onestà non meno che in altra par te è richesta, dette sono; né tra' cherici né tra' filosofi in alcun luogo, ma ne' giardini, in luogo di sollazzo, tra persone giovani, benché mature e non pieghevoli per novelle, in tempo nel quale andar con le brache in capo per iscampo di sé era alli piú onesti non disdicevole, dette sono.
[ 008 ] Le quali, chenti che elle si sieno, e nuocere e giovar possono, sí come possono tutte l'altre cose, avendo riguardo allo ascoltatore. [ 009 ] Chi non sa ch'è il vino ottima cosa a' viventi, secondo Cinciglione e Scolaio e assai altri, e a colui che ha la febbre è nocivo? direm noi, per ciò che nuoce a' febricitanti, che sia malvagio? Chi non sa che il fuoco è utilissimo, anzi necessario a' mortali? direm noi, per ciò che egli arde le case e le ville e le città, che sia malvagio? [ 010 ] L'arme similmente la salute difendon di coloro che pacificamente di viver disiderano, e anche uccidon gli uomini molte volte, non per malizia di loro, ma di coloro che malvagiamente l'adoperano.
[ 011 ] Niuna corrotta mente intese mai sanamente parola: e cosí come le oneste a quella non giovano, cosí quelle che tanto oneste non sono la ben disposta non posson contaminare, se non come il loto i solari raggi o le terrene brutture le bellezze del cielo. [ 012 ] Quali libri, quali parole, quali lettere son piú sante, piú degne, piú reverende, che quelle della divina Scrittura? E sí sono egli stati assai che, quelle perversamente intendendo, sé e altrui a perdizione hanno tratto. [ 013 ] Ciascuna cosa in se medesima è buona a alcuna cosa, e male adoperata può essere nociva di molte; e cosí dico delle mie novelle. [ 014 ] Chi vorrà da quelle malvagio consiglio o malvagia operazion trarre, elle nol vieteranno ad alcuno, se forse in sé l'hanno, e torte e tirate fieno a averlo: e chi utilità e frutto ne vorrà, elle nol negheranno, né sarà mai che altro che utile e oneste sien dette o tenute, se a que' tempi o a quelle persone si leggeranno, per cui e pe' quali state sono raccontate. [ 015 ] Chi ha a dir paternostri o a fare il migliaccio o la torta al suo divoto, lascile stare; elle non correranno di dietro a niuna a farsi leggere; benché e le pinzochere altressí dicono e anche fanno delle cosette otta per vicenda!
[ 016 ] Saranno similmente di quelle che diranno qui esserne alcune che, non essendoci, sarebbe stato assai meglio. Concedasi: ma io non pote' né doveva scrivere se non le raccontate, e per ciò esse che le dissero le dovevan dir belle, e io l'avrei scritte belle. [ 017 ] Ma se pur presuppor si volesse che io fossi stato di quelle e lo 'nventore e lo scrittore, che non fui, dico che io non mi vergognerei che tutte belle non fossero per ciò che maestro alcun non si truova, da Dio in fuori, che ogni cosa faccia bene e compiutamente; e Carlo Magno, che fu il primo facitor di paladini, non ne seppe tanti creare che esso di lor soli potesse fare oste.
[ 018 ] Conviene nella moltitudine delle cose diverse qualità di cose trovarsi. Niun campo fu mai sí ben coltivato, che in esso o ortica o triboli o alcun pruno non si trovasse mescolato tra l'erbe migliori. Senza che, a avere a favellare a semplici giovinette come voi il piú siete, sciocchezza sarebbe stata l'andar cercando e faticandosi in trovar cose molto esquisite, e gran cura porre di molto misuratamente parlare. [ 019 ] Tuttavia che va tra queste leggendo, lasci star quelle che pungono, e quelle che dilettano legga: elle, per non ingannare alcuna persona tutte nella fronte portan segnato quello che esse dentro dal loro seno nascoso tengono.
[ 020 ] E ancora, credo, sarà tal che dirà che ce ne son di troppo lunghe; alle quali ancora dico, che chi ha altra cosa a fare, follia fa a queste leggere, eziandio se brievi fossero. E come che molto tempo passato sia da poi che io a scriver cominciai, infino a questa ora che io al fine vengo della mia fatica, non m'è per ciò uscito di mente me avere questo mio affanno offerto alle oziose e non all'altre: e a chi per tempo passar legge, niuna cosa puote esser lunga, se ella quel fa per che egli l'adopera. [ 021 ] Le cose brievi si convengon molto meglio agli studianti, li quali non per passare ma per utilmente adoperare il tempo faticano, che a voi, donne, alle quali tanto del tempo avanza quanto negli amorosi piaceri non ispendete. E oltre a questo, per ciò che né a Atene né a Bologna o a Parigi alcuna di voi non va a studiare, piú distesamen te parlar vi si conviene che a quegli che hanno negli studii gl'ingegni assottigliati.
[ 022 ] Né dubito punto che non sien di quelle ancor che diranno le cose dette esser troppe, piene e di motti e di ciance, e mal convenirsi a uno uom pesato e grave aver cosí fattamente scritto. A queste son io tenuto di render grazie e rendo, per ciò che da buon zelo movendosi tenere son della mia fama. [ 023 ] Ma cosí alla loro opposizione vo' rispondere. Io confesso d'esser pesato, e molte volte de' miei dí essere stato; e per ciò, parlando a quelle che pesato non m'hanno, affermo che io non son grave, anzi son io sí lieve che io sto a galla nell'acqua; e considerato che le prediche fatte da' frati, per rimorder delle lor colpe gli uomini, il piú oggi piene di motti e di ciance e di scede, estimai che quegli medesimi non stesser male nelle mie novelle, scritte per cacciar la malinconia delle femine. [ 024 ] Tuttavia, se troppo per questo ridessero, il lamento di Geremia, la passione del Salvatore e il ramarichio della Magdalena ne le potrà agevolmente guerire.
[ 025 ] E chi starà in pensiero che di quelle ancor non si truovino che diranno che io abbia mala lingua e velenosa, per ciò che in alcun luogo scrivo il ver de' frati? [ 026 ] A queste che cosí diranno si vuol perdonare, per ciò che non è da credere che altra che giusta cagione le muova, per ciò che i frati son buone persone e fuggono il disagio per l'amor di Dio, e macinano a raccolta e nol ridicono; e se non che di tutti un poco viene del caprino, troppo sarebbe piú piacevole il piato loro.
[ 027 ] Confesso nondimeno le cose di questo mondo non avere stabilità alcuna ma sempre essere in mutamento, e cosí potrebbe della mia lingua esser intervenuto; la quale, non credendo io al mio giudicio il quale a mio potere io fuggo nelle mie cose, non ha guari mi disse una mia vicina che io l'aveva la migliore e la piú dolce del mondo: e in verità, quando questo fu, egli erano poche a scrivere delle soprascritte novelle. [ 028 ] E per ciò che animosamente ragionan quelle cotali, voglio che quello che è detto basti lor per risposta.
[ 029 ] E lasciando omai a ciascheduna e dire e credere come le pare, tempo è da por fine alle parole, Colui umilmente ringraziando che dopo sí lunga fatica col suo aiuto n'ha al desiderato fine condotto. E voi, piacevoli donne, con la sua grazia in pace vi rimanete, di me ricordandovi, se a alcuna forse alcuna cosa giova l'averle lette.
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