§24. In che modo la concezione attuale della filosofia differisce dalla mia

¶150. Per questi motivi, o molto venerandi Padri, mi sono sentito, non solamente incoraggiato, ma addirittura investito del dovere di dedicarmi allo studio della filosofia.

¶151. E non avevo certo intenzione di parlarne, se non per replicare 1 a quanti sono soliti condannare lo studio della filosofia soprattutto negli uomini di più alto rango2 o, in genere, in coloro ai quali tocca in sorte una discreta fortuna3.

¶152. Infatti tutto questo filosofare (e questa è davvero una delle sventure della nostra epoca) viene ormai trattato con disprezzo e insultato4, piuttosto che essere tenuto in onore e gloria.

¶153. A tal punto si è impadronita delle menti di quasi tutti questa convinzione esiziale e mostruosa che o non si debba fare della filosofia per nulla, o che siano in pochi a doverla fare5.

¶154. Quasiché l'avere dinanzi agli occhi, tra le mani, con quell'evidenza che deriva dalla ricerca6, le cause delle cose, le vie della natura, la ragione dell'universo, i disegni di Dio, i misteri dei cieli e della terra, sia cosa di nessun valore, a meno che uno non possa o ricercare avidamente attraverso ciò una qualche forma di potere o procacciarsi un guadagno.

¶155. Anzi, si è scesi talmente in basso (ed è davvero doloroso), che ormai si considerano sapienti solo coloro i quali usano la filosofia7 alla stregua di una merce8. Sarebbe come9 vedere la pudica Pallade, presente fra gli uomini per dono degli dèi, bandita, cacciata, sbeffeggiata, e priva di chi l'ami, di chi la protegga, a meno che lei stessa - come una prostituta che ha accettato10 il ricavo meschino della verginità perduta - non rechi nelle tasche11 dell'amante il mal guadagnato denaro.

§25. Dichiarazione personale sul valore e sul senso della filosofia

¶156. E dico tutte queste cose io - non senza dolore e indignazione grandissimi - non tanto verso i principi, quanto semmai verso i filosofi della nostra epoca, i quali sono convinti e sostengono apertamente che non si deve fare della filosofia per la ragione che non esiste per i filosofi nessuna ricompensa, nessun premio stabilito. E dicono questo, sebbene mostrino con evidenza, già solo usando quell'unica parola12, di non essere veri filosofi.

¶157. Perciò, dal momento che tutta la loro vita � stata consacrata o al denaro o all'ambizione, sono incapaci di abbracciare la conoscenza in sé e per sé della verità.

¶158. Invece io mi attribuirò il merito - e non mi vergognerò affatto di tessere le lodi di me stesso a questo riguardo - di non aver mai fatto della filosofia con nessun altro intento tranne quello di essere, appunto, filosofo, e di non aver né sperato né richiesto dai miei studi, dalle mie veglie, alcuna ricompensa o frutto diverso dal nutrimento del mio animo e dalla conoscenza della verità, da me sempre sommamente ricercata.

¶159. E di essa sono sempre stato desideroso e l'ho sempre amata moltissimo, al punto che, messa da parte ogni preoccupazione privata e pubblica, mi sono dedicato con tutto me stesso all'ozio contemplativo13, dal quale nessuna calunnia degli invidiosi, nessuna maldicenza dei nemici della sapienza è riuscita finora a distogliermi, né vi riuscirà mai in futuro.

¶160. Proprio la filosofia mi ha insegnato a dipendere dalla mia coscienza piuttosto che dai giudizi altrui, e a riflettere sempre non tanto su come evitare col mio comportamento che si parli male di me14, quanto semmai su come non dire o fare io stesso del male.

§26. L'elenco delle accuse e l'atteggiamento di difesa senza astio

¶161. Pertanto, molto venerabili Padri, non ero ignaro del fatto che questa mia proposta di discussione15, per tutti voi che siete a favore delle arti liberali e che questa disputa avete voluto onorare della vostra molto autorevole presenza, si sarebbe rivelata tanto gradita e amabile, quanto fastidiosa e sgradita sarebbe invece stata per molti altri. E so che non mancano coloro i quali hanno disprezzato la mia impresa prima di adesso e continuano a farlo anche ora adducendo vari motivi.

¶162. Così le buone e sante azioni tese al conseguimento della virtù sono solite avere, se non più, certo non meno denigratori16 di quelle ingiuste e malvagie perpetrate per vizio17.

¶163. Ci sono quelli che non approvano tutto questo genere di discussioni e quest'uso dei dibattiti intellettuali pubblici, poiché li ritengono una forma di ostentazione fatta più per sfoggio di ingegno e di conoscenza che non per accrescere il proprio sapere.

¶164. Poi vi sono coloro che, per la verità, non disprezzano questo tipo di esercizio, ma non lo approvano per niente in me, siccome io a questa età, avendo cioè solamente ventitré anni18, ho osato proporre una discussione sui sublimi arcani della teologia cristiana, sulle più ardue questioni della filosofia, su discipline inesplorate, in una città famosissima, dinanzi a un vastissimo congresso di uomini dottissimi, dinanzi al senato apostolico.

¶165. Altri ancora, sebbene mi concedano di discutere, non vogliono permettermi di trattare novecento argomenti, accusandomi ingiustamente di fare ciò tanto per inutile ostentazione quanto senza disporre delle forze necessarie.

¶166. Io mi sarei arreso anche subito ai loro rimproveri se così mi avesse insegnato la filosofia che io professo, e anche ora non risponderei, come essa insegna19, se pensassi che questa nostra discussione fosse stata avviata con l'intento di litigare fino alla rissa.

¶167. Perciò mettiamo da parte ogni proposito di ostile provocazione20, allontanando anche dai nostri animi21 quell'astio che Platone sostiene essere sempre assente dalla schiera degli dèi, e valutiamo amichevolmente se io debba dare l'avvio a questa discussione e se inoltre debba farlo su temi così numerosi.

§27. Risposta a un primo ordine di accuse

¶168. In primo luogo non ho certamente intenzione di dire molto a quanti criticano con malevolenza l'usanza di discutere in pubblico, dal momento che questa colpa, se di colpa si deve parlare, mi accomuna non solo a tutti voi, esimi dottori, che piuttosto spesso avete assolto - non senza lode e onore grandissimi - a tale dovere, ma anche a Platone e ad Aristotele e ai più famosi filosofi di tutti i tempi.

¶169. Ed essi avevano la ferma certezza che, per ottenere la conoscenza della verità che cercavano, non ci fosse nulla di meglio dell'esercizio il più possibile assiduo della discussione.

¶170. Infatti, allo stesso modo in cui i muscoli22 del corpo si irrobustiscono con la ginnastica, così senz'ombra di dubbio, in questa sorta di palestra intellettuale23, le forze dell'anima divengono di gran lunga più salde e vigorose.

¶171. Così che io mi sono persuaso che sia i poeti attraverso le tanto celebrate armi di Pallade, sia gli Ebrei quando sostengono che24, il ferro, è il simbolo dei sapienti, non hanno voluto dirci nient'altro che questo: tali dispute molto onorevoli sono del tutto25 necessarie al conseguimento della sapienza.

¶172. E così, si dà il caso che anche i caldei richiedano, al momento della nascita di colui che è destinato a diventare filosofo, quell'oroscopo26 in cui Marte dista di un terzo dello zodiaco27 anche da Mercurio, quasiché, tolti questi incontri e queste contese, ogni filosofia debba risultare sonnolenta e pigra.

§28. Replica alla seconda accusa

¶173. A dire il vero però, è più difficile un mio piano di difesa contro questi che mi dicono inadeguato a un tale compito: infatti, mi sembra che, se mi sarò proclamato alla sua altezza, forse subirò l'accusa di immodestia insieme a quella di avere un'eccessiva considerazione di me stesso, se invece ammetterò di non esserne all'altezza, sarò tacciato di temerarietà e di imprudenza.

¶174. Vedete in quale difficoltà sono incappato28, in che situazione mi sono cacciato29, in quanto che non posso senza colpa promettere, per mia parte30, ciò che subito dopo non posso senza colpa non mantenere.

¶175. Forse potrei citare quel famoso detto di Giobbe31 che sostiene che lo spirito esiste ed è davvero presente in tutti gli uomini, e con Timoteo ripetere: «Nessuno disprezzi la tua giovane età».

¶176. Ma per parlare in coscienza potrei dire32 con tutta sincerità che in me non v'è nulla di grande o di singolare; pur senza negare di essere forse33 avido di apprendere e desideroso delle virtù, tuttavia non mi attribuisco né pretendo34 il titolo di dotto.

¶177. A chi mi chieda come e perché io abbia caricato sulle mie spalle un peso tanto grande, risponderò che non fu certo perché io non fossi consapevole della mia debolezza, bensì perché sapevo che è proprio35 di questo genere di battaglie, quelle intellettuali, il fatto che in esse l'esser vinti sia in realtà un guadagno.

¶178. Ne consegue che tutti i più deboli possono e debbono non tanto sottrarsi a tali battaglie, ma anzi a pieno diritto ricercarle.

¶179. Dal momento che colui che perde riceve dal vincitore un beneficio, e non un'offesa, proprio perché - grazie ad esso - torna a casa anche più ricco di quando era partito, ossia più colto e più pronto ad intraprendere future battaglie.

¶180. Animato da questa speranza io, pur essendo un debole soldato, non ho avuto nessun timore di combattere una battaglia tanto difficile contro gli avversari più forti e valorosi.

¶181. E tuttavia, se ciò sia stato intrapreso con sconsideratezza o meno, lo si può giudicare più propriamente a partire dall'esito della contesa piuttosto che dalla mia età.