§ 6.

24. O somma liberalità di Dio Padre,1 somma e mirabile felicità dell'uomo!2

25. Al quale è dato avere ciò che desidera, essere ciò che vuole.

26. I bruti nascendo recano seco (come dice Lucilio) dall'utero della madre tutto ciò che possederanno.3

27. Gli spiriti superni o sin dall'inizio o poco dopo diventarono quello che saranno nelle perpetue eternità.

28. Nell'uomo nascente il Padre infuse semi di ogni tipo e germi d'ogni specie di vita.

29. I quali cresceranno in colui che li avrà coltivati e in lui daranno i loro frutti. Se saranno vegetali, diventerà pianta; se sensibili [sensitivo?] abbrutirà. Se razionali, riuscirà animale celeste. Se intellettuali, sarà angelo e figlio di Dio.4

31. E se, non contento della sorte di nessuna creatura, si raccoglierà nel centro della sua unità, fattosi uno spirito solo con Dio, nella solitaria caligine5 del Padre, colui che è collocato sopra tutte le cose su tutte primeggerà.

§ 7.

32. Chi non ammirerà questo nostro camaleonte?6

33. O piuttosto chi ammirerà qualsivoglia altro [essere] di più?

34. Non a torto, Asclepio Ateniese disse di lui che, per la sua natura cangiante e metamorfica, nei misteri si manifestava attraverso [era simboleggiato da] Proteo.7

35. Di qui quelle metamorfosi celebrate presso gli Ebrei e i Pitagorici.

§ 8.

36. Infatti anche la più segreta teologia degli Ebrei ora trasforma Enoch santo nell'angelo della divinità, che chiamano <Metatron>, ora in altri spiriti numinosi.8

37. E i Pitagorici deformano gli uomini scellerati in bruti e, se si crede ad Empedocle, anche in piante.9

38. Imitando costoro Maometto ripeteva spesso e a ragione che chi si è allontanato dalla legge divina riesce un bruto.

39. Infatti non è la corteccia che fa la pianta, ma la natura stordita e non senziente; non il cuoio che fa la giumenta ma l'anima bruta e sensuale; non il corpo circolare che fa il cielo, ma la retta ragione; non la separazione dal corpo che fa l'angelo, ma l'intelligenza spirituale.

40. Se vedrai qualcuno dedito al ventre strisciare per terra, non è uomo quello che vedi ma pianta; se [vedrai qualcuno] qualcuno come da Calipso accecato con vani miraggi della fantasia e, succube di seducente incantesimo, fatto servo dei sensi è bruto quello che vedi, non uomo.

41. Se [vedrai] un filosofo discernente ogni cosa con retta ragione, veneralo; è animale celeste, non terreno.

42. Se [vedrai] un puro contemplante, ignaro del corpo, relegato nei penetrali della mente, questi non è animale terreno, non celeste: questi è uno spirito più augusto, rivestito di carne umana.

§ 9.

43. Chi dunque non ammirerà l'uomo?

44. Il quale non immeritatamente nelle sacre scritture Mosaiche e Cristiane viene designato ora con il nome di ogni [essere di] carne, ora con quello di ogni creatura, dal momento che egli stesso foggia, plasma e trasforma il proprio aspetto in quello di ogni [essere di] carne, il proprio ingegno in quello di ogni creatura.

45. Per questo motivo il Persiano Evante, ove spiega la teologia Caldaica, scrive che non è dell'uomo alcuna sua immagine innata, ma molte esteriori e avventizie.

46. Di qui quel detto dei Caldei che l'uomo è animale di natura varia multiforme e incostante.

§ 10.

47. Ma a che fine tutto questo?

48. Affinchè comprendiamo, dal momento che siamo nati nella condizione di essere ciò che vogliamo, di doverci curare di questo principalmente, che non si dica di noi che essendo in onore, non ci siamo accorti di esserci fatti simili a bruti e a stolti giumenti.

49. Ma piuttosto [rammentiamo] quel detto del profeta Asaph: «Siete [tutti] dei e figli dell'eccelso», affinchè, abusando della indulgentissima liberalità del Padre, non ci rendiamo da salutare nociva la libera scelta che egli ci diede.

50. Ci invada l'animo una sacra ambizione così che non contenti delle cose mediocri aneliamo alle somme, e ci sforziamo di conseguirle con tutte le forze (poiché possiamo se lo vogliamo).

51. Disdegniamo le cose terrene, non teniam conto di quelle celesti e, trascurando una buona volta tutto ciò che è del mondo, voliamo alla curia oltremondana prossima all'eminentissima divinità.

52. Ivi, come tramandano i sacri misteri, Serafini, Cherubini e Troni occupano i primi posti; e di quelli anche noi, riluttanti a cedere e insofferenti dei secondi [posti], emuliamo la dignità e la gloria.

53. A loro saremo, volendo, in nulla inferiori.